TESTIMONIANZE

LE TESTIMONIANZE DI ALCUNI DEI NOSTRI VOLONTARI

Gianni e Gabriella Santolin (Chiampo)
L’Africa non si può raccontare, si può solo vivere. Siamo partiti come volontari nel lontano 1978.Il primo anniversario di matrimonio l’abbiamo festeggiato in Congo (allora Zaire). Eravamo ai confini tra Burundi e Ruanda, vicini al lago Tanganika. Non facevamo parte dell’associazione “Solidarietà Umana“ perché eravamo legati ai padri Saveriani, per cui sempre abbiamo vissuto nelle loro comunità. Però proviamo un profondo sentimento di gratitudine e ammirazione verso l’associazione “ Solidarietà Umana“ che ci ha aiutati, sostenuti, accompagnati sempre! Siamo partiti non con la pretesa di salvare il mondo o per essere migliori degli altri, ma perché NON SI POTEVA FARE A MENO DI FARLO. È stata semplicemente una “chiamata”. Per noi due figure sono state grandi: Marino Bergamin e Momi Bevilacqua. Di Marino ne avevamo sentito parlare, sapevamo che era a Murhesa a circa 200 Km da dove ci trovavamo noi, però in Zaire non ci siamo mai incontrati. Ci siamo conosciuti qui a Chiampo, quando sia lui che noi si è ritornati. È stato come ritrovare un fratello. Una figura bellissima. Uomo di fede, di preghiera e uomo pratico. Buono! Le nostre chiacchierate andavano sempre nella stessa direzione: Africa! E per sentirci più uniti non mancavamo di parlare in swahili, visto che tutti noi lo conoscevamo bene. Anche quando lo si andava a trovare alla casa di riposo con il saluto “Jambo! Habari gani?”,(ciao! come stai?), gli si illuminavano gli occhi. Momi Bevilacqua, altra figura bellissima e importante per noi, da sempre conosciuto. È stato bellissimo averlo incontrato a Bukavu durante un suo viaggio. E Agnese? Agnese Franco sempre in prima linea! Chi non la conosce e chi non conosce le sue meringhe che arrivavano anche in Africa? Piccoli gesti ma che laggiù diventano grandi, grandissimi! Sono trascorsi tanti anni ormai. Nostalgia, ricordi tanti desideri… La gioia della nascita di Sara, la nostra prima figlia. Le mamme, i bimbi, i canti, le danze. Poi il ritorno una seconda volta con le due bimbe piccole: Sara e Lisa. Africa senza telefoni, senza cellulari e senza ponti. Africa che cammina sempre! Africa che è sorpresa, scoperta, gioia, dolore, bellezza e tristezza insieme. I grandi occhi profondi dei bambini, disarmanti, gioiosi, raramente tristi. Immensi sorrisi e niente tra le mani. Abbiamo apprezzato e condiviso tutto di quel popolo. Perché ci siamo sentiti accolti, parte di loro. Lì dove tutto è spontaneo, niente costruito, abbiamo provato un senso di libertà indescrivibile. Troppi ricordi immortalati nella mente e nel cuore. Sono stati cinque anni che non si dimenticano più! Incontrare, abbracciare, donare, accogliere, condividere. Quante storie! Nel 2009 Gianni è ritornato per la costruzione di un ospedale. Ancora due anni. Qualche mese lo abbiamo vissuto insieme. Sembrava di essere ritornati a casa. Adulti, una volta bimbi, che ci chiamavano ancora per nome dopo tanti anni. E anche questa volta Solidarietà Umana è stata presente con il sostegno e l’entusiasmo. GRAZIE veramente dal profondo del cuore. A tutti!!!


Teresa Miante (Padova).
Anche quest’anno mi sono sentita fortunata, fortunata per essere stata accolta nuovamente nella mia “seconda casa”, la Guinea Bissa. Ci sono arrivata con le mie valigie colme di quegli oggetti che nel nostro mondo occidentale abbondano, a cui diamo sempre meno peso, ma che in Africa sono sempre un tesoro: medicinali, matite, vestiti, scarpe.
In valigia abbiamo messo anche buone intenzioni e nuove idee.
Il giorno dopo l’arrivo inizio il mio tour di visite, accompagnata dalle suore che si dedicano a questa terra: i piccoli grandi progetti che Solidarietà Umana porta avanti e che sono parte di una complessa rete di aiuti mirati a migliorare le condizioni di questa gente. Nel giro per le missioni ritrovo i centri nutrizionali, gli ambulatori nei villaggi lontani ove per arrivare ci vogliono ore e ore di strade dissestate, con buche di una profondità impressionante. Le suore sino pilote espertissime nell’avventurarsi da quelle parti.
Quelle suore che riescono poi ad improvvisare un ambulatorio in un cortile, con una bilancia e un metro per misurare i bambini, test per la malaria, ogni medicina disponibile. Così come il latte.
Suor Salome si spinge ancora oltre: una volta alla settimana parte in barca, (e che barca!), con tutta la sua attrezzatura e due collaboratori, per raggiungere le isole dell’arcipelago di Bigiagos; il mare non sempre è dalla sua parte, costringendola spesso a soste prolungate il attesa che il mare si calmi.
Tutte queste persone che ora appaiono distanti e senza nome sono gli angeli custodi di tutti i bambini.
Ogni viaggio, sistematicamente, sempre, si ritrovano povertà, fame e disordine. Ogni anno qualcosa è cambiato, ma non sempre in meglio: in basso la miseria imperante, mentre in superficie il caos che il governo di questa terra impone a questa gente.
Non è facile mantenere la calma quando di è colpiti dalla frustrazione, quella frustrazione che nasce dalla visione di tanta miseria, con la consapevolezza anche di quello che ho lasciato a casa, prima di partire: lo spreco, l’indifferenza, l’arroganza di noi occidentali che non sappiamo riconoscere la nostra fortuna nell’avere una sanità eccellente e in gran parte gratuita, un servizio scolastico duraturo e per tutti, così come un mondo di servizi sempre a nostra disposizione. Tutto è sempre a portata di mano.
In Africa niente lo è.
Comunque mi resta il sorriso della gente, il canto dei bambini e le danze nel villaggio che riempiono il cuore e ringrazio di avere ancora una volta l’opportunità di essere lì, presente.


Agnese Ligazzolo (Castelgomberto)
Avevo sempre pensato di farmi un regalo per festeggiare i miei ottant’anni, annunciai così ai miei familiari che dopo pochi giorni sarei partita per la Guinea Bissau, tutti mi incoraggiarono con un forte battimani. Fisicamente stavo bene e il desiderio di andare in Africa era sempre stato il mio sogno. Sono partita assieme alla mia amica Margherita, viaggio ottimo. Finalmente misi piede in quella terra tanto desiderata. Trascorsi giorni bellissimi in mezzo alla gente tanto buona, ricevuto tanti buoni esempi, la loro serenità pur nella grande povertà, la loro reciproca disponibilità di essere con gli Altri facendo tutto con amore. Confesso che il mio amore per l’Africa è forte, sincero e non potendo più ritornare per i miei novant’anni è sempre con me nella preghiera. Dio benedica e aiuti l’Africa
Agnese


Paola Bordignon (Santorso)
Mi chiamo Paola, ho 28 anni, e nella vita di tutti i giorni sono un’infermiera presso un Pronto Soccorso del Vicentino. Un po’ per caso, l’estate scorsa, sono venuta a conoscere l’associazione “Solidarietà Umana”, che a Febbraio mi ha permesso di partire per svolgere un’esperienza di volontariato in Guinea Bissau. Ho solo poche righe per riuscire a farvi immaginare quello che i miei occhi hanno visto e il mio cuore ha vissuto, ma proviamoci! Innanzitutto chiudete gli occhi e immaginatevi una lunga strada di terra rossa circondata dalla foresta da entrambi i lati. In una laterale di questa lunga strada polverosa si trovava il centro salute in cui lavoravo. Le persone bisognose di assistenza o di farmaci si recavano qui a qualsiasi ora del giorno e della notte, percorrendo talvolta anche decine di chilometri a piedi. Prima della partenza mi chiedevo cosa avrei potuto insegnare di utile alla popolazione locale, ma ad oggi posso dire di essere stata io quella che ha imparato un sacco di cose. Ho imparato che il sorriso di Suor Caterina è la miglior cura del mondo, che il morso di cobra si cura bevendo il veleno di quello stesso serpente, che lo zucchero cura ferite profondissime… impiega solamente molto più tempo delle nostre miracolose pomate! Ho imparato che in alcune zone del mondo la medicina non è scienza assoluta ma si scontra con la fede religiosa e gli stregoni ed ho imparato che curare una semplice febbre può essere molto costoso. Basti pensare che un euro può rappresentare un mucchio di soldi quando quell’euro è stato guadagnato vendendo sacchetti di anacardi per 2 centesimi l’uno. Da quando sono tornata mi è stato chiesto mille volte di raccontare la mia esperienza ed ogni volta mi trovo in grande difficoltà. E’ così surreale quel mondo a poche ore di volo che a volte mi sembra semplicemente di aver sognato ad occhi aperti. Io non avevo mai avuto esperienze di missione e non conoscevo alcun missionario, ma come dice Margherita, credo proprio che siano persone speciali e sono convinta che incarnino con la loro stessa esistenza il significato di solidarietà. Quel mondo è reale e continua ad esistere anche ora che me ne sono tornata a casa e continua ad esistere anche quando voi riaprite gli occhi. Ho imparato che sono semplicemente nata nella zona fortunata del mondo… ma è stata appunto semplicemente una fortuna! E credo che il significato di missione e di solidarietà sia proprio non dimenticarsi di questa gran fortuna che abbiamo avuto. Spero siate riusciti a viaggiare un po’ assieme a me,
Paola


Carla Brunello (Castelgomberto)
Non è facile riassumere in poche righe il vissuto in quanto molto forte ed emozionante: le parole talvolta non riescono ad esprimere in pieno quello che l’animo ha provato, percepito e metabolizzato. Conoscere Margherita per un caso fortuito è stato l’ inizio di questo mio percorso di volontaria. L’adozione a distanza poi di alcune bambine a Safim mi ha portato a coltivare, seppur in modo poco frequente, il rapporto con questa associazione; allora lavoravo e non avevo molto tempo ibero a disposizione. Una volta raggiunta la pensione, il legame con Margherita si è fortificato e il mio desiderio, che tra l’altro avevo anche da ragazzina, di conoscere il mondo africano come volontaria è diventato realtà. La prima esperienza fu nel 2017 , la seconda nel 2018. Nel 2017 ricordo l’arrivo all’aeroporto di Bissau, a notte fonda, l’accoglienza affettuosa e calorosa di Suor Maria e di altri membri della missione che erano venuti ad accoglierci. Poi il viaggio su una jeep vecchia e sgangherata verso la missione lungo una strada, se si può chiamare così , piene di buche enormi, l’asfalto quasi inesistente e il vento caldo che sollevava la polvere della terra rossa africana. Avevo già visitato alcuni paesi africani, ma quelli erano altri tipi di viaggi; in quel tragitto di poco più di mezzora ho percepito che questa era l’altra Africa, quella vera che volevo conoscere. Quando siamo arrivati alla missione le suore ci avevano già preparato nella casetta dei volontari, il caffè, i biscotti, la marmellata, un po’ di banane. Abbiamo assaggiato qualcosa, ma eravamo troppo stanchi e siamo andati a dormire. Il giorno seguente la mia sorpresa fu grande: con il buio pesto della notte senza alcuna illuminazione non mi ero resa conto di quante grandi opere c’erano nella missione: la chiesa , l’asilo per i più piccoli, la scuola elementare, la mensa, l’infermeria, una sala per la distribuzione settimanale di riso e latte per i bambini più bisognosi, la casa per le suore, la casetta per i volontari , il pozzo con l’acqua potabile, tra l’altro buonissima perché il pozzo è molto profondo, a cui possono attingere anche le persone dei villaggi vicini e poi l’inizio del nuovo cantiere per l’ampliamento della scuola, che verrà completata nel 2018. Mi sono sentita piccola, piccola di fronte a tutto questo lavoro e impegno di tanti anni per raggiungere un così meraviglioso risultato.

Persone che hanno sacrificato le loro vacanze, il loro tempo, la famiglia, la loro salute, perché lavorare in un paese così ti prova molto sia fisicamente che moralmente. Il caldo alle volte è spaventoso, non c’è aria, c’è afa, si è madidi di sudore, non si respira. Ho fatto poi anche una riflessione: e se non ci fossero state le donazioni cosa si sarebbe potuto realizzare? E’ una bellissima catena, chi dona e chi costruisce, e se questa catena continuerà nel tempo si potranno realizzare moltissime altre opere ed aiutare moltissime persone che sono state meno fortunate di noi, perché nate in un paese geograficamente, economicamente e politicamente difficile. Sono giunta ad una conclusione che l’Africa forse risolverà tutti i suoi problemi solo se ci saranno in futuro ancora volontari disposti a mettersi in gioco e a sacrificarsi, persone dal cuore grande, perché purtroppo i potenti, i governanti hanno altri giochi a cui badare. La presenza del volontario in queste terre non è solo un sostegno fisico, un soddisfare le necessità primarie, un curare le malattie, ma è anche un dialogo costruttivo con i maestri e i missionari, che sono coloro i quali dovrebbero con l’istruzione impartita ai bambini contribuire a cambiare la mentalità africana. L’istruzione è la cosa fondamentale, solo crescendo sotto questo profilo la società africana potrà cambiare e poi finalmente imparare a camminare da sola. Proprio per questa ragione il nostro aiuto non deve venire meno, anche se sono solo gocce, ma tante gocce fanno un mare, non dobbiamo stancarci anche se alle volte ci viene la voglia di mollare tutto. Non possiamo cambiare il mondo, ma sicuramente renderlo migliore.